Le vacanze di Natale oltre a regalarci Gesù, ci danno l’opportunità di recuperare un pò d’energie, riposando le membra. Con Chiara si è deciso di farlo in Brasile, nella regione di Bahia, l’arcicelebrato nordest brasiliano. Una decina di giorni da dedicare alla spiaggia, all’oceano, ai balli e ai piatti tipici della zona, dove nei secoli si sono mischiati gli autoctoni, gli schiavi provenienti dalle coste Africane e i bianchi colonizzatori. Certamente Bahia è una tra le zone più nere di questo grande paese, dove i discendenti dei fratelli africani sono riusciti a mantenere le loro tradizioni culturali e religiose.
Arrivati a Salvador la vigilia di Natale, riceviamo immediatamente una lieta sorpresa, un conoscente artigiano, che avevamo cercato invano di contattare per telefono, arriva all’aeroporto e tra grandi abbracci e sorrisi ci porta direttamente a casa sua, dove, trattati come figli, passeremo il Natale e alcuni momenti memorabili. Non mi stanco mai di sottolineare come l’ospitalità sia un concetto che, a seconda dei luoghi, assuma forme assai differenti. Se qui è scontato che uno sconosciuto ti porti a casa sua, ti ci faccia stare una settimana, ti rimpinzi delle pietanze più buone e di frullati di frutta paragonabili ai nicaraguensi, in altri luoghi ciò è molto meno scontato, per differenti ragioni che lascio ad ognuno individuare.
Il nosto amico artigiano, Roberto, è una persona fantastica, ha vissuto quattro anni in Bolivia vendendo le sue collane per strada, innamorandosi del paese fino a quando, per motivi di permesso, è stato rimandato in Brasile, dove sta lavorando per raccogliere i soldi necessari a tornare a La Paz. Ci ha fatto conoscere la città, alcuni scorci di spiaggia immersi nel verde, abbiamo ballato reggae insieme, mangiato le prelibatezze afrobrasiliane, bevuto cocktail fatti in casa mentre sua madre e le sue sorelle ballavano in salotto a ritmo di samba.
La musica è essenza di ogni persona qui, si canta e balla per strada, si accennano ritmi nel bus usando i sedili e cantandoci sopra; e i retaggi africani sono evidenti nelle movenze e nei ritmi. Gli amici di Roberto ti parlano come se fossi li da sempre e conoscessi tutto, invitandoti da tutte le parti, sempre con un sorriso e una vibra spettacolare. È un osservazione che si fa spesso quella della buona vibra delle persone, in paesi dove, tecnicamente, ci sarebbero molte ragioni per lamentarsi. Avrá avuto ragione mia nonna, in una delle sue frasi più celebri, quando diceva che “se stea meio cuando se stea pezo”, si stava meglio quando si stava peggio. L’importanza che si da a tante cose ritenute fondamentali nei paesi che chiamano sviluppati è assente, ci si diverte e ci si gode la vita, il tutto in un contesto di appartenenza familiare, culturale e nazionale, che lascia però totalmente aperta allo straniero la partecipazione piena. Non ci sono integralismi indigeni, non c’è nemmeno nichilismo, è semplicemente naturale. La santeria, la religione afro-brasiliana, non prevede inferni o paradisi, non è restrittiva o punitiva, nè pretende di evangelizzare. Consiglia di comportarsi bene, e rispettare il prossimo.
Credo che in tutto ciò il clima aiuti, la gente gira solo in costume, si sveglia con il sole che scalda, l’energia e il buon umore non possono mancare!
E infatti, quando da Salvador ci siamo spostati vicino Iticaré, sei ore più al sud, in una riserva naturale dove avevano organizzato un festival musicale, l’energia era palpabile. Questo festival, chiamato universo parallelo, si caratterizza per musica che si ascolta ventiquattro ore al giorno ininterrottamente, per corsi di varie discipline come giocoleria, yoga etc; il tutto immerso tra le palme, con l’oceano di fronte. L’accampamento era lungo mezz’ora di cammino, immaginatevi quindi la quantitá di gente; la cosa piacevole è che c’erano estrazioni sociali e di etá differenti, dal borghese, alla coppietta di vecchietti, dall’artigiano squattrinato allo straniero in vacanza. Le persone erano ben felici, conscie di condividere un evento musicale notevole. Come sempre ci si trova di fronte a dei personaggi indimenticabili: dal giovane che ascolta trance seduto su una sedia con accanto il suo amico ET, un pupazzo di plastica a grandezza umana con le sembianze di un extraterrestre, all’artigiano che per intortarsi una preda qualsiasi parla di revoluzione parallela (che si legge revolusao parallelamensci in brasiliano) e mi fa scoppiare a ridere per mezz’ora, da una mamma che girava con la figlia di diec’anni gia truccata e con piercing, entrambe vestite come la principessa Xena, che facevano le giocoliere, da un signore sui cinquantanni soprannominato la bestia per la sua bruttezza, a cui aggiungeva uno stile di vesti non proprio probabile, inspiegabilmente accompagnato da delle bellissime fanciulle, ad alcune dee dalla bellezza folgorante: una ragazza nera che al semplice guardarla ti si bloccava la mascella a una giovane mamma bianca con il figlioletto nudo in braccio. Ho notato che la moda fa da padrone anche a questi eventi: quest anno andava di moda il completino leopardato. Come ben sapete i bikini brasiliani sono famosi per la loro essenzialità, a questo aggiungeteci il leopardato. Insomma, il fine era identificarsi con Jane, compagna di Tarzan, appena uscita dalla giungla. E diciamo che ci riuscivano bene.
La musica andava dalla trance, alla goa, dal reggae alle percussioni e alla chill out, ce n’era quindi per tutti i gusti. Si andava a dormire alle quattro e ci si svegliava alle sette, un pò per il caldo e un pò per la musica. Ma presto fatto, ci si trasferiva in spiaggia nella zona chill out, e all’ombra di una palma si poteva riposare fino a mezzodí.
E cosí le due settimane sono passate rapidamente, un aereo della compagnia Gol, a riprova che il calcio è ovunque in Brasile, ci ha riportato in Bolivia. Belle giornate, intensamente rilassanti.
Arrivati a Salvador la vigilia di Natale, riceviamo immediatamente una lieta sorpresa, un conoscente artigiano, che avevamo cercato invano di contattare per telefono, arriva all’aeroporto e tra grandi abbracci e sorrisi ci porta direttamente a casa sua, dove, trattati come figli, passeremo il Natale e alcuni momenti memorabili. Non mi stanco mai di sottolineare come l’ospitalità sia un concetto che, a seconda dei luoghi, assuma forme assai differenti. Se qui è scontato che uno sconosciuto ti porti a casa sua, ti ci faccia stare una settimana, ti rimpinzi delle pietanze più buone e di frullati di frutta paragonabili ai nicaraguensi, in altri luoghi ciò è molto meno scontato, per differenti ragioni che lascio ad ognuno individuare.
Il nosto amico artigiano, Roberto, è una persona fantastica, ha vissuto quattro anni in Bolivia vendendo le sue collane per strada, innamorandosi del paese fino a quando, per motivi di permesso, è stato rimandato in Brasile, dove sta lavorando per raccogliere i soldi necessari a tornare a La Paz. Ci ha fatto conoscere la città, alcuni scorci di spiaggia immersi nel verde, abbiamo ballato reggae insieme, mangiato le prelibatezze afrobrasiliane, bevuto cocktail fatti in casa mentre sua madre e le sue sorelle ballavano in salotto a ritmo di samba.
La musica è essenza di ogni persona qui, si canta e balla per strada, si accennano ritmi nel bus usando i sedili e cantandoci sopra; e i retaggi africani sono evidenti nelle movenze e nei ritmi. Gli amici di Roberto ti parlano come se fossi li da sempre e conoscessi tutto, invitandoti da tutte le parti, sempre con un sorriso e una vibra spettacolare. È un osservazione che si fa spesso quella della buona vibra delle persone, in paesi dove, tecnicamente, ci sarebbero molte ragioni per lamentarsi. Avrá avuto ragione mia nonna, in una delle sue frasi più celebri, quando diceva che “se stea meio cuando se stea pezo”, si stava meglio quando si stava peggio. L’importanza che si da a tante cose ritenute fondamentali nei paesi che chiamano sviluppati è assente, ci si diverte e ci si gode la vita, il tutto in un contesto di appartenenza familiare, culturale e nazionale, che lascia però totalmente aperta allo straniero la partecipazione piena. Non ci sono integralismi indigeni, non c’è nemmeno nichilismo, è semplicemente naturale. La santeria, la religione afro-brasiliana, non prevede inferni o paradisi, non è restrittiva o punitiva, nè pretende di evangelizzare. Consiglia di comportarsi bene, e rispettare il prossimo.
Credo che in tutto ciò il clima aiuti, la gente gira solo in costume, si sveglia con il sole che scalda, l’energia e il buon umore non possono mancare!
E infatti, quando da Salvador ci siamo spostati vicino Iticaré, sei ore più al sud, in una riserva naturale dove avevano organizzato un festival musicale, l’energia era palpabile. Questo festival, chiamato universo parallelo, si caratterizza per musica che si ascolta ventiquattro ore al giorno ininterrottamente, per corsi di varie discipline come giocoleria, yoga etc; il tutto immerso tra le palme, con l’oceano di fronte. L’accampamento era lungo mezz’ora di cammino, immaginatevi quindi la quantitá di gente; la cosa piacevole è che c’erano estrazioni sociali e di etá differenti, dal borghese, alla coppietta di vecchietti, dall’artigiano squattrinato allo straniero in vacanza. Le persone erano ben felici, conscie di condividere un evento musicale notevole. Come sempre ci si trova di fronte a dei personaggi indimenticabili: dal giovane che ascolta trance seduto su una sedia con accanto il suo amico ET, un pupazzo di plastica a grandezza umana con le sembianze di un extraterrestre, all’artigiano che per intortarsi una preda qualsiasi parla di revoluzione parallela (che si legge revolusao parallelamensci in brasiliano) e mi fa scoppiare a ridere per mezz’ora, da una mamma che girava con la figlia di diec’anni gia truccata e con piercing, entrambe vestite come la principessa Xena, che facevano le giocoliere, da un signore sui cinquantanni soprannominato la bestia per la sua bruttezza, a cui aggiungeva uno stile di vesti non proprio probabile, inspiegabilmente accompagnato da delle bellissime fanciulle, ad alcune dee dalla bellezza folgorante: una ragazza nera che al semplice guardarla ti si bloccava la mascella a una giovane mamma bianca con il figlioletto nudo in braccio. Ho notato che la moda fa da padrone anche a questi eventi: quest anno andava di moda il completino leopardato. Come ben sapete i bikini brasiliani sono famosi per la loro essenzialità, a questo aggiungeteci il leopardato. Insomma, il fine era identificarsi con Jane, compagna di Tarzan, appena uscita dalla giungla. E diciamo che ci riuscivano bene.
La musica andava dalla trance, alla goa, dal reggae alle percussioni e alla chill out, ce n’era quindi per tutti i gusti. Si andava a dormire alle quattro e ci si svegliava alle sette, un pò per il caldo e un pò per la musica. Ma presto fatto, ci si trasferiva in spiaggia nella zona chill out, e all’ombra di una palma si poteva riposare fino a mezzodí.
E cosí le due settimane sono passate rapidamente, un aereo della compagnia Gol, a riprova che il calcio è ovunque in Brasile, ci ha riportato in Bolivia. Belle giornate, intensamente rilassanti.
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