Ho avuto l’opportunità di stare qualche giorno in Beni, dipartimento orientale del paese, amazzonico. Un altro pianeta, almeno trenta gradi costanti, una quantità di flora e fauna mai vista, coccodrilli nei rigagnoli ai bordi delle strade di terra. Un’altra Bolivia, sempre Bolivia. Un altro tempo, lontano dall’Andino indaffarato a coltivare la terra. Rilassato perchè in oriente la terra dà, e il lavoro per sopravvivere è di conseguenza esponenzialmente minore; motorizzato, essendo il passatempo principale girare intorno alla piazza della capitale, Trinidad, a bordo di giganteschi suv o di moto più o meno enormi . Il clima e l’attitudine..nuovamente Nicaragua, amache, musica dalle case, balli fino al mattino allietati da qualche bevanda gelata. Nicaragua.
E a Ferragosto, non potendo partecipare alla sandonatese amatissima grigliata da Gio, sono stato a Tocaña, vicino Coroico, tre ore al nord di La Paz , subtropico, a festeggiare la festa degli afroboliviani. L’ennesima, altra, Bolivia. Due giorni di Saya, la musica degli afrodiscendenti boliviani, ovviamente a base di percussioni. Balli e scene divertenti; come sempre quando in questo paese c’è una festa non si fanno mancare l’alcool che scorre a fiumi, fino a perdere la coscienza. Prima che questo avvenga, però, le situazioni divertenti non mancano: come per esempio un artigiano cileno che balla avvinghiato ad una cholita nera. Come raccontavo altre volte le cholite sono le donne boliviane che vestono tradizionale, con capelli raccolti in treccie, gonna a strati a mongolfiera, tanto grasso e una bombetta. Immaginatevi questo artigiano giovane sporco con dreads, insomma l’artigiano viveur medio, che abbraccia e mostra la lingua a questa cholita nera venti centimetri più alta e cinquanta chili più grassa di lui. Certamente trash, certamente divertente. Altra scena non da poco, il piacere di vedere i neri ballare. Fantastiche le loro movenze come sempre, con il particolare però, che, come da costume boliviano, non cè contatto fisico tra i ballerini. Quindi ad un atmosfera caliente per le note movenze si associava questa distanza fisica. Sopita dagli ormoni.
E di notti in bianco ne ho passate, non solo per gli ormoni, ma anche per una decisione da prendere. Dopo riflessioni, pare e contropare, ho deciso: da ottobre me ne vado a Santa Cruz, capitale dell’oriente capitalista e schiavista. Sono stato selezionato come coordinatore paese di una piccola ong catalana, CEAM, che significa centro studi amazzonici. Come capirete dalla sigla, è una organizzazione che si focalizza sulla salvaguardia dell’amazzonia, delle sue genti, e non solo. E’ un’opportunità grande, per continuare ad imparare questo lavoro, per continuare a confrontarmi con le nazioni etniche che caratterizzano questo paese, per vivere il razzismo cittadino che si respira in quel lato di Bolivia, per capire come appoggiare il cambio, i contadini e la loro presa di coscienza.
Perchè le paranoie? Perchè la Bolivia è grande e Santa Cruz è a sedicissime comode ore da La Paz , capitale del paese e città dove vive la mia sposa, che resterà un altro anno in capitale, a lavorare con ACRA. Ma insomma, tra qualche charter e tanta pazienza faremo passare quest altro anno senza vivere assieme.
E poi c’è anche il fatto di lasciare ACRA, organizzazione con cui lavoro da due anni e mezzo, che mi ha dato tanto dandomi l’opportunità di mettere a disposizione le mie conoscenze in due contesti socio-politici incredibili come Nicaragua e l’Occidente Boliviano.
Certo non è un addio.
Insomma, come dice il nonno nicaraguenze, lo más probable es que quién sabe!
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