A un anno dalle bellissime giornate rossanesi abbiamo pensato di ri-unirci, non che ci siano stati problemi, anzi ritengo questo primo anno di unione davvero bello, anche se forzatamente lontani uno dall’altro.
La cultura aymara prevede che l’essere umano non si realizzi in quanto tale fino a quando non si sposa. Fino al matrimonio, secondo gli aymara, siamo incompleti. Visto che i riti ci piacciono e che ci sembrava giusto essere considerati esseri umani (!!) abbiamo quindi pensato in ricorrenza del primo anniversario di risposarci. In realtà la cerimonia non è avvenuta ad un anno esatto da Rossana, ma un giorno prima. Il yatiri, l’anziano che ha realizzato l’unione, ci spiegava che meglio non farlo nello stesso giorno delle altre nozze perché il diavolo è vigile in quel giorno, e potrebbe guastarci la festa. Quindi per evitare il diavolo abbiamo anticipato di un giorno.
Organizzare un matrimonio in Bolivia è stato più semplice ed indolore che farlo in Italia (in nessuno dei due casi veramente il mio apporto è stato rilevante, non per mancanza di collaborazione ma per altri impegni). Ringrazio ancora i genitori per l’anno scorso e Chiara per quest anno.
Appuntamento in Piazza di Spagna, di fronte a casa nostra, per partire verso la zona sud di La Paz, dove si celebra l’unione.
Come sempre nel contesto non europeo in generale, fissare un ora, un appuntamento, non implica assolutamente che la gente arrivi a quell’ora. Circa tre ore più tardi, riusciamo a montare nei due bus affittati, e scendere fino alla zona sud con tappa intermedia per aspettare il camioncino delle birre, inevitabili nelle celebrazioni boliviane quanto i coriandoli. Tra multe per divieto di sosta, lunghe attese, vie imboccate che portano a muri di recinzione, varie ed eventuali, arriviamo al luogo sacro, nella Valle delle Anime.
Una vista spettecolare dell’Illimani ci accoglie.
La cerimonia punta a realizzare l’unione tra i due esseri, attraverso riti di continua condivisione di liquidi ed elementi in generale. Ci siamo scambiati i desideri per la nostra unione, cosi come hanno fatto i nostri testimoni, due amici boliviani. Tutto si conclude bruciando in un fuoco gli elementi utilizzati nell’ora precedente.
Tutto procede tra un vento gelido (ci spiegheranno che erano gli spiriti risvegliati) che provoca non pochi problemi di sopravvivenza e di accensione del fuoco. Ma poi si challa (offerta alla madre terra che consiste in versare dell’alcool alla stessa) e tutto bene.
Abbiamo continuato con l’apthapi, il pranzo condiviso. Ogni volta che c’è un attività comunitaria qui si realizza il pranzo condiviso. Ognuno porta da casa ciò che ha e si mangia insieme posando il cibo su gli aguayos .
Tra patate, buonissime verdure organiche, pollo e salsine abbiamo passato delle belle ore chiacchierando, approfittando di vedere persone care e conoscerne di nuove, da quando sono a Santa Cruz ho qualche problema a socializzarmi con le persone di quella parte del paese.
Si è proseguita la festa fino al mattino, prima al Sabrocito, piccolo bar gestito da amici, che organizzava un evento proprio lo stesso giorno. Hanno occupato lo spazio di fronte al bar e la gente ha iniziato a suonare e suonare. I passanti si fermano e ballano. E poi al Target, reggae in quantità!
Buena vibra herman@s! Gracias
giovedì 4 giugno 2009
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