Il viaggio di notte è rapido ed indolore, scaldati da coperte di lana di lama che non farebbero patire il freddo nemmeno nudi all’aria aperta. Colazione con Api, riginerante. Iniziamo il tour con una coppia di mezza età di francesi e una composta da un francese e una peruviana. A tratti simpatici, sorprendentemente critici verso le politiche migratorie del proprio paese, preoccupati, a ragione credo, per quello che Sarzoky, combinerà una volta eletto.
Il Salar di Uyuni è il deserto di sale più grande del mondo, è una distesa bianca sterminata, non si mira nulla all’orizzonte, stordente. Il sole si riflette sul sale in modo quasi insopportabile, occhiali necessari compagni. Una delle mete del tour è l’isola del Pescado, oasi in questo deserto, completamente ricoperta da cactus, il più antico pare abbia diecimila anni. La sera arriviamo in un villaggio dove dormiamo qualche ora, non prima d’aver incontrato una indiana inglese che ha riaperto all’istante il mio innamoramento per quella gente e terra, dopo aver giocolato con dei bimbi, aver ballato qualche ora salsa colombiana con il nulla intorno utilizzando la radio di una macchina, e aver bevuto un rigenerante e necessario mate di coca. Ho la febbre, ma fa parte della distorsione dovuta a calore ed altitudine. Proseguiamo tra numerose lagune che trovano spazio tra sale, roccie e montagne: si arriva fino al confine con il Cile, segnato da un vulcano che se non fossi abituato ai nicaraguensi direi maestoso. Passiamo presto al mattino per delle terme a cinquemila metri dove Chiara si bagna arrotolata da acque calde e l’arancione di un sole che si vede enorme, enorme. Il giorno del ritorno al campo base, si parte quando la notte e la luna ancora governano l’intorno per arrivare direttamente sulla Luna. Si, sulla Luna. Questa è la sensazione che provo quando, ancora assonnato, improvvisamente apro gli occhi e vedo solo terreno grigio e gran fumate. E penso..ah la tecnologia che passi avanti. Va beh. Il tutto è comunque reale, solo che non si tratta d’un altro pianeta ma di geiser che sprigionano vapore caldo e contribuiscono al colore dell’intorno.
martedì 3 aprile 2007
Salar di Uyuni e Cairoma
Il ritorno dal caldo e colorato Lago Titicaca mi proietta nella dimensione a volte alienante d’una stazione di bus, in attesa del collegamento per il Salar d’Uyuni. Come spesso accade, però, la stazione è sempre luogo d’incontri e conoscenze, di scontri e di carezze, di personaggi divertenti ed inquietanti. Oltre al ladro di turno, inseguito e catturato dalla polizia con al seguito la cholita saltellante derubata con la sua gonna a balze, innumerevoli uomini e donne con il compito d’attrarre il viaggiatore verso la loro compagnia di trasporti. Per fare ciò gridano la destinazione, ovviamente chi lo fa più forte o con una intonazione più caratteristica guadagna l’attenzione agognata. La stazione è quindi un vociare continuo, un inseguirsi e sovrapponersi di voci rimbalzanti tra le pareti che producono echi dub.
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