sabato 15 marzo 2008

Cairoma Stellare

A volte ci si rende conto di quanto si è fortunati a lavorare tra questi paesaggi da fiaba, tra questa gente semplice e sorridente.
A volte le persone si preoccupano per noi, ascoltano delle notizie sui luoghi dove viviamo, e traggono delle conclusioni generali.
A volte le persone si dimenticano di noi.
A volte le strade che percorriamo ci portano lontani da casa, ma, proprio per questo, vicini con il cuore alla nostra gente, anche se, ogni giorno di piú, risulta difficile capire le dinamiche del bel paese, le scelte che le persone fanno. La mia coscienza è inevitabimente, anche se sarebbe bello si potesse evitare, diversa da chi ci sta dentro. Una coscienza che accomuna la gran maggioranza delle persone che quel paese, per diverse ragioni, l’hanno lasciato.
A volte queste stesse persone, invece, si comportano come l’italiano medio medio.
A volte mi viene voglia di raccontarvi degli attimi, come quelli vissuti in una notte tornando a Cairoma, il villaggio dove lavoro, da una comunità vicina, seduto dietro nella moto guidata da un nostro promotore.
Un viaggio nel nero, non nel grigio o nella nebbia, ma nel nero, in quell’oscurità totale illuminata solo dalla luna, quando trova spazio tra le nuvole. Le zone rurali di Bolivia spesso non hanno elettricità, se ce l’hanno sicuramente non la destinano all’illuminazione del cammino che collega una comunità all’altra. Chiamarlo cammino è appropriato perchè gli unici che dovrebbero averci il permesso di transitare sono i pedoni, visto lo stato pietoso dello stesso. Terra, roccia, sassi, erba, da cui negli anni si è ricavato qualcosa che assomiglia ad una strada, un cammino appunto.
E come il cammino di Santiago serve a ritrovarsi, i cammini di Cairoma sono una buona prova di forza anche per me che di strade credo ormai di averne viste di tutti i tipi.
Pochi giorni fa me ne sono reso conto, la diversa percezione delle cose. Stavo in un microbus in una strada di montagna, nemmeno troppo mal messa, quando dando un occhiata svogliata alle mie spalle, mi sono reso conto che una signora tedesca stava tremando coprendosi gli occhi per il terrore che il micro potesse sbandare e rotolare per un migliaio di metri nell’onnipresente burrone. Sinceramente mi è venuto da ridere, ma non per mancanza di rispetto verso la signora, evidentemente non abituata alle strade sterrate boliviane. Sorridevo di me, della mia percezione distinta delle cose, di come evidentemente le concepisca e le senta, di una forma molto più tranquilla e rilassata, dovuta evidentemente all’abitudine al viverle.
Insomma, tornando a Cairoma, ricontestualizzando, mi trovavo in queste strade immaginate con Filiberto, il promotore, che tranquillo avanzava come se conoscesse il percorso a memoria. E questa è l’unica spiegazione che mi do visto che non si vedeva nulla e lui tranquillamente impostava i tornanti come se fossimo stati sotto il sole di mezzogiorno. All’improvviso, in lontananza, nell’altro versante della montagna, delle luci; capire se fossero luci o stelle era davvero difficile, e alla fine, irrilevante. La sensazione era che queste luci che mi apparivano timide ogni tot di chilometri, fossero pianeti lontani ed irraggiungibili. Come se noi fossimo persi nello spazio, nuotando nel nulla, e vedessimo nell’universo queste stelle, asteroidi o pianeti. Mi rimbalzava il cuore, non certo dalla paura, se non dall’emozione.
Dalla coscienza acquisita che ti fa vivere con gioia l’opportunità di lavorare in dei luoghi che sono davvero altri pianeti, popolati da questi contadini orgogliosi della loro cultura millenaria, che passano le giornate arando a mano i loro campi, da delle donne che portano delle gonne a mongolfiera che, perennemente in cinta, lavano, cucinano, accudiscono i piccoli, e da dei bimbi, irrimediabilmente cicciotti e sorridenti che a diec’anni sono molto più maturi rispetto al lavoro e alla famiglia che il promedio degli universitari italiani.
Cairoma Stellare, Cairoma.


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