martedì 29 gennaio 2008

Fare e pensare a La Paz

Tornato dal Brasile mi sono rapidamente rituffato nel lavoro, anche se, in questo primo mese dell’anno, prettamente a La Paz. E’stagione delle piogge in Bolivia, e si sente. L’accesso alle comunità del progetto è impossibile; alcuni dipartimenti del paese, Beni e Pando, stanno vivendo un’emergenza dovuta alle forti inondazioni e alla rottura di alcune tubature di acquedotti che stanno fortemente limitando l’approvvigionamento di acqua. Il pericolo di epidemie e i disagi stanno affliggendo il quotidiano di decine di migliaia di persone.
Rispetto al lavoro, ho rivissuto in questo mese l’atmosfera da “ufficio”, che tanto ha caratterizzato la vita nicaraguese. Diagnostici, alberi dei problemi e delle loro soluzioni, quadri logici, domande di finanziamento e via dicendo. Ho avuto anche la fortuna di partecipare ad un corso avanzato di Ciclo del Progetto, che è appunto la disciplina che studia le varie attività di cui mi sono occupato. Certo è importante formarsi e ascoltare pareri autorevoli, a volte però ho la sensazione di sconnettermi dalla realtà. E’ la stessa paura che non mi fa affrontare serenamente l’idea di re-inserirmi nel mondo accademico. Temo di rifinire in grandi discorsi annaffiati da del buon vino, che hanno, secondo me, il limite di fermarsi li. E’ la dinamica tra il fare ed il pensare. Un amico dice che ormai ha capito che lui è fatto per pensare, teorizzare. Io credo di essere nel medio. E non mi schiodo, un democristiano insomma, o udcese, o rosa bianchese, o udeurese, o libdemese o..lasciamo perdere meglio. Se certo il fare è importante, il pensare teorico è indispensabile. Sto cercando di capire se posso fare entrambe le cose.
Nel mezzo di queste pippe atroci ho passato delle settimane piacevoli. Si è festeggiato il compleanno di Chiara, il suo ultimo da nubile. Nonostante fosse un Lunedì abbiamo pensato di organizzare una festicciola in casa Utopia. Sorprendentemente, per essere Lunedì, sono arrivate una quantità impressionante di persone che hanno saturato la seppur grande nostra casetta. Tra queste la fauna era varia: c’erano gli amici boliviani che c’hanno onorato suonando delle musiche tradizionali con tamburi e fiati, i futbolinari, che non si schiodano dal calcio balilla nemmeno per brindare, i danzerecci, che nemmeno per un secondo abbandonano il nostro salottino ballerino, i bevitori, i chiacchieroni, l’antropologa del cibo, gli “ongeros”, cioè quelli che lavorano con ong, quelli delle organizzazioni internazionali. Tutte queste categorizzazioni risultano fluide, riuscendo addirittura queste persone a comunicare tra di loro! La festa è proseguita allegramente fino a che alle due, dovendo essere in ufficio qualche ora dopo, abbiamo iniziato a pulire mentre gli amici boliviani, che non lavorano, cercavano disperatamente una liquoreria nei paraggi per continuare a festeggiare. Per nostra fortuna non l’hanno trovata.
E’ stato il mese in cui ho iniziato ufficialmente a scalare, e mi piace. E’ una sensazione bella quella di accarezzare la roccia, sfiorarla cercando la giusta sfumatura per poi stringerla e spingere con gambe e braccia per salire, equilibrandosi con passi felpati e lungimirante gestione delle risorse energetiche. Il tutto all’aria aperta, con un sole benevolo e dei panorami notevoli. Lavoro permettendo cercherò di sviluppare questa nuova passione.La Bolivia, il primo fine settimana di Febbraio si ferma per il carnevale. Celebrazione caratterizzante questo paese, dove a parte le vesti, si realizzano delle sfilate ballate di confraternite e gruppi, soprattutto nella città di Oruro, tre ore al Sud di La Paz. Essendoci andati a scalare la settimana prima della sfilata, abbiamo approfittato per viverne l’atmosfera delle prove. Montano delle gradinate intorno al percorso della sfilata, la gente paga per il posto e passa il pomeriggio osservando partecipe il passare dei gruppi. Il tutto bevendo e lanciando globos, gavettoni; ogni persona partecipa all’eccidio, dall’ottantenne al bambino in carrozzina. E’ una guerra civile senza fazioni, tutti contro tutti! Le ragazze più sagge si coprono con dei ponchos, io pure, con una gobba fenomenale dovuta allo zaino che porto sulle spalle e che mi fa sentire ancor più osservato. Credo assomigliassi ad un mostro ambulante; nonostante ciò, vengo immediatamente chiamato a ballare da una fanciulla “simpatica”, nel senso sandonatese del termine che lascio dopo un pò, mentre lei mi dice con fare sensuale “non te ne puoi andare, resta con me!”L’alcool!! Trasforma pure le integerrime aymara in delle focose donne.

lunedì 7 gennaio 2008

Parallelamensci Bahia

Le vacanze di Natale oltre a regalarci Gesù, ci danno l’opportunità di recuperare un pò d’energie, riposando le membra. Con Chiara si è deciso di farlo in Brasile, nella regione di Bahia, l’arcicelebrato nordest brasiliano. Una decina di giorni da dedicare alla spiaggia, all’oceano, ai balli e ai piatti tipici della zona, dove nei secoli si sono mischiati gli autoctoni, gli schiavi provenienti dalle coste Africane e i bianchi colonizzatori. Certamente Bahia è una tra le zone più nere di questo grande paese, dove i discendenti dei fratelli africani sono riusciti a mantenere le loro tradizioni culturali e religiose.
Arrivati a Salvador la vigilia di Natale, riceviamo immediatamente una lieta sorpresa, un conoscente artigiano, che avevamo cercato invano di contattare per telefono, arriva all’aeroporto e tra grandi abbracci e sorrisi ci porta direttamente a casa sua, dove, trattati come figli, passeremo il Natale e alcuni momenti memorabili. Non mi stanco mai di sottolineare come l’ospitalità sia un concetto che, a seconda dei luoghi, assuma forme assai differenti. Se qui è scontato che uno sconosciuto ti porti a casa sua, ti ci faccia stare una settimana, ti rimpinzi delle pietanze più buone e di frullati di frutta paragonabili ai nicaraguensi, in altri luoghi ciò è molto meno scontato, per differenti ragioni che lascio ad ognuno individuare.
Il nosto amico artigiano, Roberto, è una persona fantastica, ha vissuto quattro anni in Bolivia vendendo le sue collane per strada, innamorandosi del paese fino a quando, per motivi di permesso, è stato rimandato in Brasile, dove sta lavorando per raccogliere i soldi necessari a tornare a La Paz. Ci ha fatto conoscere la città, alcuni scorci di spiaggia immersi nel verde, abbiamo ballato reggae insieme, mangiato le prelibatezze afrobrasiliane, bevuto cocktail fatti in casa mentre sua madre e le sue sorelle ballavano in salotto a ritmo di samba.
La musica è essenza di ogni persona qui, si canta e balla per strada, si accennano ritmi nel bus usando i sedili e cantandoci sopra; e i retaggi africani sono evidenti nelle movenze e nei ritmi. Gli amici di Roberto ti parlano come se fossi li da sempre e conoscessi tutto, invitandoti da tutte le parti, sempre con un sorriso e una vibra spettacolare. È un osservazione che si fa spesso quella della buona vibra delle persone, in paesi dove, tecnicamente, ci sarebbero molte ragioni per lamentarsi. Avrá avuto ragione mia nonna, in una delle sue frasi più celebri, quando diceva che “se stea meio cuando se stea pezo”, si stava meglio quando si stava peggio. L’importanza che si da a tante cose ritenute fondamentali nei paesi che chiamano sviluppati è assente, ci si diverte e ci si gode la vita, il tutto in un contesto di appartenenza familiare, culturale e nazionale, che lascia però totalmente aperta allo straniero la partecipazione piena. Non ci sono integralismi indigeni, non c’è nemmeno nichilismo, è semplicemente naturale. La santeria, la religione afro-brasiliana, non prevede inferni o paradisi, non è restrittiva o punitiva, nè pretende di evangelizzare. Consiglia di comportarsi bene, e rispettare il prossimo.
Credo che in tutto ciò il clima aiuti, la gente gira solo in costume, si sveglia con il sole che scalda, l’energia e il buon umore non possono mancare!
E infatti, quando da Salvador ci siamo spostati vicino Iticaré, sei ore più al sud, in una riserva naturale dove avevano organizzato un festival musicale, l’energia era palpabile. Questo festival, chiamato universo parallelo, si caratterizza per musica che si ascolta ventiquattro ore al giorno ininterrottamente, per corsi di varie discipline come giocoleria, yoga etc; il tutto immerso tra le palme, con l’oceano di fronte. L’accampamento era lungo mezz’ora di cammino, immaginatevi quindi la quantitá di gente; la cosa piacevole è che c’erano estrazioni sociali e di etá differenti, dal borghese, alla coppietta di vecchietti, dall’artigiano squattrinato allo straniero in vacanza. Le persone erano ben felici, conscie di condividere un evento musicale notevole. Come sempre ci si trova di fronte a dei personaggi indimenticabili: dal giovane che ascolta trance seduto su una sedia con accanto il suo amico ET, un pupazzo di plastica a grandezza umana con le sembianze di un extraterrestre, all’artigiano che per intortarsi una preda qualsiasi parla di revoluzione parallela (che si legge revolusao parallelamensci in brasiliano) e mi fa scoppiare a ridere per mezz’ora, da una mamma che girava con la figlia di diec’anni gia truccata e con piercing, entrambe vestite come la principessa Xena, che facevano le giocoliere, da un signore sui cinquantanni soprannominato la bestia per la sua bruttezza, a cui aggiungeva uno stile di vesti non proprio probabile, inspiegabilmente accompagnato da delle bellissime fanciulle, ad alcune dee dalla bellezza folgorante: una ragazza nera che al semplice guardarla ti si bloccava la mascella a una giovane mamma bianca con il figlioletto nudo in braccio. Ho notato che la moda fa da padrone anche a questi eventi: quest anno andava di moda il completino leopardato. Come ben sapete i bikini brasiliani sono famosi per la loro essenzialità, a questo aggiungeteci il leopardato. Insomma, il fine era identificarsi con Jane, compagna di Tarzan, appena uscita dalla giungla. E diciamo che ci riuscivano bene.
La musica andava dalla trance, alla goa, dal reggae alle percussioni e alla chill out, ce n’era quindi per tutti i gusti. Si andava a dormire alle quattro e ci si svegliava alle sette, un pò per il caldo e un pò per la musica. Ma presto fatto, ci si trasferiva in spiaggia nella zona chill out, e all’ombra di una palma si poteva riposare fino a mezzodí.
E cosí le due settimane sono passate rapidamente, un aereo della compagnia Gol, a riprova che il calcio è ovunque in Brasile, ci ha riportato in Bolivia. Belle giornate, intensamente rilassanti.