giovedì 22 ottobre 2009

Chile

Mi ritrovo con Chiara dopo un paio di settimane in cui tra Cuzco e Lima ha avuto l’opportunità di mettere musica e far ballare la gente. Grazie ad una miracolosa offerta voliamo a Santiago del Chile. E non è un viaggio qualsiasi per una persona che da due - tre anni vive in Bolivia, perché i boliviani ai cileni proprio li odiano, la ragione apparente è che i cileni han “rubato” l’accesso al mare a Bolivia, in una guerra che data già più di centocinquant’anni. Ma superando questi pregiudizi spicci, a Santiago ci sono delle sorelle amatissime, donne che dedicano la loro vita ad appoggiare prostitute, bimbi di strada e diversamente abili; donne conosciute in Nicaragua e dall’allora compagne di viaggio, Pelu e Carla.

Passiamo qualche giorno con loro, tra Santiago e Valparaiso, due ore al nord della capitale. Cittadina splendida in alcuni angoli, con un mare freddo come solo nel culo del mondo può essere gelida l’acqua. Valparaiso e Santiago, realtà diverse tra loro, ma in molti aspetti simili alla Babilonia Europea. Santiago in particolare. In capitale stiamo ospiti da Oscar Tigre, si avete letto bene, Oscar Tigre. Il compagno è uno dei mostri sacri della scena reggae e hip-hop cilena. Ci ospita a casa sua, che risulta essere una camera da letto con una entratina separata da una parete di legno, dove accomodiamo un materasso. Comodo e accogliente seppur piccolo. Oscar è forse la rappresentazione per eccellenza dell’uomo latino che risponde a tutti i pregiudizi sullo stesso. Ha 34 anni, quattro figli da non so quante donne diverse, di cui l’ultimo di poche settimane. Questo non lo esime però, chiarito il suo essere macho attraverso la procreazione, di continuare a cercare con una continuità sorprendente fanciulle. E in una di queste notti, abbiamo il piacere di ascoltare dalla prima fila la nona sinfonia di Oscar T e la donna che l’ha accompagnato nei suoi amplessi. Divertente alla fine, loro erano felici, bene così. Io ho smesso da tempo di cercare di capire i latini; gli uomini sono cronicamente incapaci di stare con una donna, ma quello che più sorprende è che, spesso, le donne li giustificano, in quanto loro mantengano lo status di sposa o fidanzata. Per un europeo e soprattutto una europea è allucinante, ma dopo un tot di anni, personalmente, non ci penso più. E’ cosi e basta. Ed ancor di più se le mie stesse amiche, a conoscenza delle evoluzioni della notte precedente di Oscar, riescono, nella stessa serata, a farsi intortare, entrambe. Proprio non lo so. Sarà che anche qui si festeggiava il calcio, si perché il Cile si è qualificato ai mondiali, cosa non affatto scontata. Sarà questo? O saranno fatti così e basta?

Da Santiago siamo scesi a Concepción, direzione punta del culo del culo del mondo. Seconda o terza cittá del Chile, Concepción risulta gradevolmente assolata, fatto che apprezziamo, essendo una dei luoghi più piovosi del paese. Chiara suona ed i ragazzi che l’hanno invitata ci ospitano nella loro casetta, che sembra una nave. Si perché Concepción è un porto importante, e le case sembrano delle navi, di legno con delle stanze che ricordano quelle delle navi appunto. Quando si cammina sul parquet cigolante sembra di sentire il mare sotto i piedi. Il Mare. La notte della suonata trascorre divertente fino a quando appaiono i Carabineros, la versione cilena dei nostri carabinieri, famosi nel mondo per la loro attitudine fascistoide e repressiva. E quindi una volta entrati alla festa l’unica azione utile é raccogliere le proprie cose ed andare verso casa, perché questi carabinieri cileni fanno proprio impressione, sembrano robot nel loro equipaggiamento post guerra atomica. Instaurarci una relazione complesso, davvero improbabile. Perché abbiano questa attitudine? Immagino rimasugli della loro formazione all’epoca di Pinochet. Certo che, nel paese più “avanzato” d’America Latina, pochi mesi fa, in corrispondenza dell’anniversario dell’inizio della sanguinosa dittatura finanziata dagli Stati Uniti, i Carabineros hanno ucciso svariati studenti. Sudamerica, l’Europa che lotta all’ennesima potenza, la repressione alla enne più uno.

Il Cile è uno dei paesi con maggior costa al mondo. Da tutto il mondo arrivano a fare surf sulle onde cilene. In maggioranza statunitensi, ma non solo. A me la schiuma tosta delle onde ricorda l’Algarve portoghese e sfide all’Oceano, che non é mare, è Oceano. Altra epoca, buon tempo, buon tempio.

Dal Cile si torna in Bolivia per terra, attraversando infiniti deserti, con panorami lunari. E alla frontiera ricomincia la disorganizzazione, la confusione, l’assenza di strade che l’uomo comune identifica come tali, l’odore caratteristico della donna boliviana e dei suoi dieci strati di vestiti. Insomma si torna all’amata Bolivia.

Ayalla Chile!

lunedì 12 ottobre 2009

Lima

E questa volta il viaggio va piuttosto bene; la stessa compagnia che m’aveva fatto penare tra improbabili ritardi, con una puntualità esagerata parte da Madrid, destinazione Lima. A me Lima proprio non m’attira, sensazione confermata passandoci qualche giorno; tra nebbia ed umidità sembrava di stare a San Dona in inverno, col valore “aggiunto” di un livello di criminalità insostenibile e delle distanze assolutamente impraticabili. Lima ha nove milioni di abitanti, come tutta Bolivia, ricavate le vostre conclusioni sulla comodità del muoversi in cittá.
D’altra parte scopro Barranco, zona bellissima della cittá che da sul mare. D’altra parte, ancora una volta, sconosciuti mi accolgono come un fratello, mi mostrano le bellezze dei loro luoghi, mi danno casa, ci conosciamo e passiamo del bel tempo assieme. Ma è cosi difficile?

In Perú come in tutto il continente il calcio è fonte di dolori di stomaco ma anche di grandi gioie. Una persona non può prescindere dal calcio, e vi assicuro che non è come da noi. È endemico. Dagli “schiavi al re” tutti entrano in una vita parallela, soprattutto quando gioca la nazionale. Ed il Perú, come la Bolivia, sono nettamente le peggiori squadre di Sudamerica, quindi nemmeno dire che regalino grandi soddisfazioni, ma ormai l’ho capito, non è questo il punto. Il giorno in cui sto a Lima c’è Argentina - Perú, partita fondamentale per i gauchos per non restare fuori dal mondiale; si gioca a Buenos Aires. Non farò certo la cronaca della partita, ma vedere la partecipazione nervosa con la quale gli amici peruviani seguono l’incontro, assolutamente irrilevante per la loro nazionale, è pazzesca. Neanche in Germania - Italia al novantaduesimo prima del gol di Grosso ho sentito tanta elettricità. Ed il Perú proprio al novantaduesimo riesce a pareggiare, sull’unica specie d’azione sviluppata in tutta la partita. DELIRIO. Delirio davvero, si rompono pezzi di casa, l’edificio trema perché tutti nei loro appartamenti saltano dicendo Perú! Perú! Ed uno per un secondo pensa che sia l’ennesimo terremoto che con regolarità colpisce la capitale, invece no, è la sua gente terremotata da un gol. L’Argentina é fuori dai mondiali. Dura un minuto, sessanta secondi esatti. In una rocambolesca azione, i cugini segnano, ed il Perú, come quasi sempre, perde. Ma nessuno è triste, perché “si é quasi pareggiato a Buenos Aires”. Tutti spengono la tv contenti, pronti a far festa. Misteri del calcio e degli enzimi che produce.

E infatti si festeggia. Ci mettiamo un’ora e mezza ad andare da dove eravamo al compleanno che ci aspetta. Si arriva in questa zona bene, che come spesso in questi paesi è circondata da muri di sicurezza con reticolato elettrico ed uomini armati. Si, armati. Si festeggia il compleanno di un amico di amici. Ovviamente io mi imbuco allegramente. Ma anche se questi sono peruviani classe alta, non mancano le conversazioni interessanti; cibo buono, eh si, perché oggettivamente, comparata con la cucina boliviana, quella peruviana è nouvelle! E mentre passano le ore cominciano i balli. Ormai memore delle esperienze latine, prima di invitare qualcuna a ballare, domando il permesso, per evitare spiacevoli disguidi, e per fortuna!! Più che in altri paesi, nella circostanza, risulta intricatissima la rete di relazioni per cui, per una ragione o per l’altra ho diritto a ballare solamente con la donna del mio amico, perché chiaro, conoscendomi sa che non ci proverò. Dio mio che paranoici. Si perché l’essere sposato, come avrete capito, non ha nessuna implicazione verso il relazionamento con altre persone, e, diciamolo pure, questo accade da una parte come dall’altra. Per fortuna grazie ai fiumi di Ron Anejo che si bevono la gente si rilassa un attimino e tutto diventa molto più gioviale. Si riesce a ballare con delle fanciulle senza essere accoltellati, e si, come per la cucina, devo dire che a bellezza e capacità di muovere i fianchi, stravincono le peruviane. Ed è una gioia, perché due anni di Bolivia andina, avevano fatto apparire come un sogno il ballare sabroso nicaraguense. E invece no, è proprio in Bolivia che non ce la fanno. Comunque, la serata vedrà sorgere il sole; ed è bello ballare fino a vedere la luce. La festa terminerà verso le sei del mattino, quasi due ore più tardi riusciremo a raggiungere casa dopo l’ennesima traversata della cittá. Pazzesco.

Forza Perú

sabato 10 ottobre 2009

MILANO et BARCELLONA

Saluto San Dona in una comodissima Mini del compagno Filippo, che suona proprio bene, compagno Filippo. Una mistura di base e aristocrazia, il nome. Bello il viaggio, per queste autostrade piazze del XXI secolo, non luoghi per eccellenza. E grazie al compagno per l’ospitalità e le analitiche chiacchiere. Che condividendo si cresce, viva!
Milano cittá, che mai e poi mai riuscirò a digerire, che gli Afterhours dicono non essere la verità, ma che grazie a persone speciali risulta accogliente. Ancora una volta Santa Vale di Crespolandia, accoglie le spoglie vive di me e mi fa trascorrere un tempo splendido; grazie a Santa Marianna dei Taraborelli, a Santa Lilia dei Grossolani. Grazie a tutti ancora una volta riesco a divertirmi tra i lastricati cementifici milanesi.
Approfitto per un colloquio piacevole, che non porterà a nulla, ma che piacevole è stato.
Poco tempo in quella città, sufficiente per apprezzare una volta di più chi si compromette con la stessa e con i suoi abitanti. Milano come Roma davvero sono l’avanguardia dell’Italia che verrà ma in realtà già c’è. Ed il mio essere provinciale esplode quando in metro rimango sbalordito fissando come sciocco due ragazzine dai tratti tipicamente cinesi parlarsi, non in mandarino ma in un italico dall’accento marcato dall’essere nate e cresciute in un contesto, nello specifico il milanese ed il romano. E lo so che è una banalità, ma per me è una banalità bellissima. E mi piace sorprendermi, mi piace proprio.

Poi si parte, perché in questo viaggio è vietato stare più di cento ore nello stesso luogo. Si va a Barcellona dove l’estate ad Ottobre chiede ancora spazio e lo ottiene ampiamente. Nemmeno lo sforzo di prendere un bus dall’aeroporto, arrivano nuovi amici a salvarmi dall’ingarbugliato traffico catalano. Tania ed Andreu, fantastica coppia nicaraguense-catalana, con una macchina grande il necessario per far entrare i loro due figli, di una bellezza che solo i mestizos possono avere. Baci ed abbracci, piacere!!!
Il mio rapporto con Nicaragua e la sua gente è ampiamente documentato, ed ancora una volta non posso che rimanere allibito dalla buona energia, la dolcezza, la gioia di vivere che Tania ha, e che trasmette abbondantemente al suo compagno. Mi ospitano a casa loro che da bravi giovani padri hanno scelto nella periferia dove già il cemento lascia spazio al verde, perché i bimbi possano crescere tra aria pulita, pomodori sani e spazi dove rotolarsi. Bravi!
Cucino una pizza che in certi casi viene bene, in certi casi no, ma felice di sporcarmi con i bimbi ed i loro genitori. Che c’è più bello di cucinare in compagnia? Belle serate con loro, alcune chiacchiere bellissime ed intense, che riempiono e danno forza. E tante altre belle persone, catalane e greche, italiane ed ecuadoriane. Il bello delle grandi cittá, la diversità nello stesso luogo.
E a Barcellona, a parte che per gli amici, sono andato anche per un colloquio, destinazione un’isola magica, che in cinquant’anni con tutte le contraddizioni del caso è riuscita a non piegarsi alla visione unica, che lo sviluppo è solo l’accumulazione di ricchezza, l’individualismo; signori e signore, Cuba. E il colloquio è andato pure bene, i tempi di risposta sono lunghi.

Vedremo!

Tempo di ripartire, di ringraziare le meraviglie scoperte, quelle re-incontrate, augurare a tutti buona fortuna. A presto Europa. Eccomi Lima!

lunedì 5 ottobre 2009

San Donà e la Fiera del Rosario

Mentre la sposa è diventata ormai una dj internazionale apprezzata in America Latina, io torno all’ovile a passare del tempo con l’amata famiglia. Coincidenza volle, per il secondo anno consecutivo, che il ritorno coincida con la storica Fiera del Rosario, appuntamento plurisecolare nato come grande mercato d’animali, poi concentratosi sull’agricoltura con l’avvento dei macchinari ed oggi giorno una scusa per mangiare e bere in abbondanza con gli amici di sempre.
Si perché succede qualcosa al popolo di San Dona nei giorni della fiera. Per una ragione o per l’altra Tutti ritornano a San Dona dai cinque contenenti, dai ventisette paesi membri dell’UE e dalle ventuno regioni italiane. Tutti. C’è chi sostiene che inconsciamente si ritorni fetali tra le braccia di mamma proprio nei giorni che caratterizzano di più il paese (visione romantica in via d’estinzione), c’è chi dice che lo si fa per ottimizzare la possibilità di vedere gente (visione in grande voga figlia dell’ingegneristica del miracolo veneto), c’è chi sostiene che sia una casualità, causale nel suo essere casuale.

Ciò che è certo è che, in questo primo fine settimana di Ottobre, ho visto e abbracciato la stessa quantità di sandonatesi che non vedevo nell’ordine dall’asilo, dalle elementari, dalle medie, dagli anni gloriosi dell’Alé Lastimma (Alé Lastimma Alé OOOOHHHH OOOHHHHH OHHHH OOOOHHH Lastimma Alé), da notti frugali dei tempi andati di Trieste Universitaria. In quei pochi giorni poi si beve la stessa quantità di spritz barra birretta barra vinello barra Jack Cola, che un essere umano spalmerebbe su un anno almeno, domandatelo ai fratelli nicaraguensi che devono ancora riprendersi.

Si perché davvero vi ho visti tutti questa volta, dagli appuntamenti fissi, tipo vedersi con Schilla una volta all’anno per quattro minuti esatti al lato degli austriaci, vedersi con la Lucia sempre più farmacista una volta all’anno per nove secondi e cinquantasei record del mondo. Poi ci sono le sorprese, la Claudia che comunque sa sempre tutto di tutti e continua a sembrare una giovine ragazzina (brava!), Gio con degli occhiali da splatter tarantiniano, Manuel sempre uguale, Tino dottorando, compagni con una pancia piuttosto preoccupante per l’età (chi ha orecchie per intendere..).

Ci sono i mostri, persone che a mala pena avranno qualche anno più di me e sono diventate delle bestie, nel senso che uno ha paura a guardarli, stravolti dalla vita così giovani. Impressionante, pauroso, triste, quale sia la causa proprio non lo so.

Ci sono le nuove generazioni, che come da prassi si dividono in gruppi stagni, i fighetti, gli alternativi fatti, gli alternativi radical-chic, i tossici, insomma, la normale gioventù italiana, ci sono cose che non cambiano. Beh un cambio rispetto alla mia generazione effettivamente c’è.. sono tutti altissimi. Bene! Speriamo non sia il risultato di ormoni che li riempiono fin da bimbi (cfr. gringos-as) ma un naturale processo di crescita del popolo italiano, che fino al secolo scorso era universalmente riconosciuto come tappo, e che ora rischia di avvicinarsi ai vicini imperatori austroungarici.

La città certo cambia, sempre più fashion nel suo essere inevitabilmente provinciale (e certo questo è un valore aggiunto e non una limitante), sempre più piena di fiori che ormai avranno raggiunto con le piste ciclabili il 99% del budget comunale, sempre più interculturale, volenti o no (e magari il 5% del budget dedicato ad attività di conoscenza reciproca non ci starebbe così male), sempre più complessa, come questo mondo globalizzato impone.

E poi c’è la famiglia sempre pronta ad accogliere il figlio perso per il mondo, sempre disponibile a confrontarsi con gli amici del figlio, che quasi inevitabilmente ormai non parlano l’italiano ma grazie a dio risolvono tutto con dei sorrisi che riempiono la terra d’energia. Grazie!

Alla prossima Fiera amici