mercoledì 30 giugno 2010

Bangla Dance

Così è stato ufficialmente soprannominato il Bangladesh, immaginate perchè? Svariate ragioni e libero arbitrio, ma diciamo che il primo paese per densità al mondo escluse le varie città stato fa si che fermi e tranquilli proprio non si stia.

Centosessantamilioni di anime in uno spazio decisamente non atto a contenerle, soprattutto se si considera che buona parte di queste sono concentrate in zone urbane. Esempio conclamato, Dhaka, quindici milioni di persone. E’ che si legge quindici milioni ma non ci si pensa. Quindici milioni sono tre volte e passa la popolazione del veneto, tutti nello stesso posto che non ha esattamente l’estensione adeguata.

E a Dhaka ci si vive, nell’appartamento più caldo della mia vita (misurando con il termometro dice 33.5 gradi!) con ventilatori ed addirittura aria condizionata nelle stanze, sempre se l’elettricità fa il favore di funzionare, chiaro. Si perchè la Bolivia piena di energie ci aveva abituato troppo bene, gli apagones che tanto caratterizzano Managua, Nicaragua, sono all’ordine del giorno anche qui, anzi dell’ora direi. Nei mesi scorsi la luce c’era un ora si e l’altra no, e quindi si sviluppano tutta una serie di strategie per cui si cerca d’organizzarsi il lavoro in modo tale da riuscire a terminare le varie cose prima che finisca la batteria del portatile, si cerca di respirare sotto ventilatori che non fanno altro che far girare aria troppo calda per essere inalata, quantità di docce gelate, acqua gelata, gelato gelato.
Che poi il gelato è una specie di bene di lusso qui, costando come un pranzo.
Dhaka insomma non è una città facile soprattutto perchè non è una città che sia facilmente conoscibile. La caratterizza il traffico per cui per muoversi da A a B ci si puó tranquillamente mettere più che per muoversi da A a Z, assumendo che dalla A alla Z ci sia una linea retta. Misteri del Dance.
E quindi le zone più colorate ed affini ai nostri piaceri sono lontane almeno una o due ore di traffico (non di strada, di traffico) da casa, e quindi le visite si fanno sporadiche ed accelerate per il bisogno di tornare a casa ad un’ora decente, per sicurezza e perchè i CNG ad un certo punto spariscono. I CNG, i famosi ape che tanto caratterizzano il sudest asia ci sono anche qui, verde oliva, con delle grate che per ragioni di sicurezza ti fanno sentire assolutamente in carcere. Nel caso succedesse un incidente non ci sarebbe nessuna via di scampo, ma certo, la sicurezza da ladri inesistenti, sarebbe assicurata. Paranoie androidi. Li chiamano CNG perchè vanno a gas, come se da noi si chiamassero GPL insomma.
Altra notevole caratteristica di Dhaka sono i club. Si si i club. Da noi i club possono essere ad esempio il club del bridge, quello del golf, quello delle madame annoiate mogli di riccaccioni etc. Etc. Qui i club sono nati trent’anni fa per permettere agli espatriati (parola terribile con cui piace definire gli stranieri quando vivono-lavorano al di fuori del loro paese, che ricorda un pò astronauti ma senza il fascino di quel mestiere) di avere dei posti di pace dove rilassarsi. E sì! Per favore iniziate ad inveire su quanto borghesi questi posti siano perchè effettivamente lo sono, assolutamente posticci. Piscina, campo da tennis etc. E si paga pure per farne parte, sempre che ti accettino, perchè devi pure passare una selezione. La risposta naturale è stata, perfetto non ne faremo parte. Però c’è un però. A Dhaka c’è bisogno di pace. C’è fisicamente e mentalmente bisogno di pace. Di silenzio. Di non sentirsi circondati da polveri fini del traffico o da inusitate quanto inutili strombazzate. E quindi signori e signore, ci siamo iscritti a un club. Dio Mio, la fine delle ideologie, Dio Mio Nico è morto. Calma calma, prima di tutto abbiamo scelto il piu sfigato ovviamente, che non ti chiede nessuno quota d’ingresso, cosí da limitare le sperequazioni finanziarie. Devo dire che è stata una scelta positiva soprattutto per Chiara che stava iniziando ad impazzire ai 33.5 gradi. Essendo sfigato e non sufficientemente chic credo, non c’è mai nessuno, Chiara può notare ed io vado a fare sport quando riesco. Ho ripreso una racchetta da tennis in mano dopo 15 anni, cioè metà della mia vita, ho fatto due partite ed a parte la distruzione fisica devo dire che le mie capacità tecniche in divenire che ricordavo avere sono rimaste immutate. Ho schiantato tutti. Ma vi ricordate quando andavamo a giocare ai campi da tennis a Saint Donà City? Quindic’anni fa. Se ne è passato del tempo caspita.
In questo club per limitare le nostre pesantezze ideologiche sul fatto di farne parte stiamo cercando di organizzare degli eventi culturali o far suonare Chiara per esempio, che poco a poco sta trovando spazio nel mondo dei dj dhakensi, che pare poterle assicurare molta più sicurezza economica rispetto al suo contratto locale come ricercatrice di una università privata (che è un pò uno specchio dei nostri tempi direi, cultura a picco). La questione di fondo di questi posti è che ne fai parte se sei casta, se sei ricco o se sei straniero o se corrompi, che è un pò lo sport nazionale. Se no ingresso vietato, e davvero da il voltastomaco entrare a volte.
Ma a parte inevitabili compromessi tutto procede piuttosto bene, sono molto contento del lavoro, quando vado nelle zone rurali sono strafelice perchè è realmente una meraviglia il paese. Io tra l’altro quando riesco a dare monitoraggio al progetto, lavoro nell’area assolutamente più splendida, di colline che ricordano il centroamerica e la zona di Coroico, Caranavi e Samaipata in Bolivia. Il progetto di sicurezza alimentare sta andando bene, tutto sta carburando dopo dei ritardi burocratici nel ricevere il via libera da parte del governo bengalese i cui funzionari sono alla costante ricerca di mazzette, senza peli sulla lingua. BOKSCICH..soldi.
In casa sta andando piuttosto bene, abbiamo trovato una ragazza di Dhaka un pò posh ma che per lo meno ci apre un sacco di canali di comunicazione con i locali, cosa non è affatto facile, basti pensare che ad invitare i primi amici bangla a casa ci abbiamo messo diversi mesi, un pò perchè le ragazze non possono uscire la sera (...), un pò perchè questi proprio non escono. L’altra coinquilina è una infermiera spagnola fantastica, Susana, che cosí ci cura quando ci ammaliamo, tipo questa settimana, in cui credo aver battuto il record del mondo perdendo quattro chili in quattro giorni per una gastroenterite.

Chi mi batte???

1 commento:

Anonimo ha detto...

good start