sabato 24 febbraio 2007

Naturale peregrinare


Questo paese ha un valore aggiunto, è splendido. Le perplessità legate alla partecipazione alla vita civile vengono affiancate dall’opportunità di passare due giornate a Ometepe, isola nel mezzo del lago Nicaragua, centro del centro di Centroamerica.
L’occasione è il primo festival culturale che diverse comunità dell’isola hanno organizzato. Il tema dell’incontro è la preservazione del patrimonio archeologico, costituito da pietre incise nell’antichità che ancor oggi regalano emozioni nell’osservarle. Queste, spesso, vengono vendute dalla popolazione indigente per pochi cordobas a turisti senza scrupoli.
Prima d’entrare in preziosi dettagli dell’allegro succedersi d’eventi, non posso tralasciare il piacevole viaggio per raggiungere l’isola. Come spesso Lisy ed il suo sorriso magico sono compagni di scorribande. Raggiungiamo San Jorghe al rai, cioè in autostop. Ovviamente farlo con una biondina dagli occhi azzurri, in questo paese, rende tutto più facile, esternalità positive. L’ultimo dei tre passaggi ce lo ha dato un signore con un auto enorme, dalla tina tanto accogliente da permetterci pure un pisolino scaldato da raggi impenitenti.
L’isola si raggiunge con un ferry, le onde fanno sobbalzare la barca lenta, come in un cartone animato di qualche decennio fa; la vista del vulcano Madera ci informa che siamo prossimi.
Al festival ho registrato una serie di immagini che mi hanno riempito la memoria, conosciuto persone che spero m’accompagnino nel mio vivere qui in Nicaragua. Una delle prime attività del festival è una rappresentazione di marionette per i bimbi dell’isola organizzata da una ragazza nica-boliviana di 17anni, appartenente ad una famiglia che da generazioni si occupa di questo artigiano mestiere. Soa, questo è il suo nome, ha degli occhi grandi e nocciolati, già da anni fa spettacoli e si sta specializzando nel teatro dell’assurdo: forma teatrale che vuole affrontare un argomento liberando i protagonisti ed il pubblico da ogni pre-giudizio o conoscenza- sul tema trattato.Un sacco di chiacchiere bevendo refrescos di tamarindo, insieme al suo ragazzo, boliviano di Cochabamba, giovane alto e ballerino.
Poi sono seguite danze popolari messe in scena da un gruppo di isolani; danze che riproducevano il quotidiano ed il mitologico, i problemi legati al raccolto come le storie di una vecchia strega dell’isola. Il tutto illuminato dal fuoco e accompagnato da maschere e musica popolare. Molto interessante.
A seguire un concerto intenso, di musichi nicaraguensi, giovani e non, tutti parolai di questa terra. Concerto che termina presto al mattino, caratterizzato da balli, da hippy con fascetta, da osservazione partecipata, da un camion carico di banane che si infila in una delle tante voragini che caratterizzano le strade di qui e rischia di rovesciarsi giusto alle spalle del palco. Situazione pericolosa accolta con serenità, tanto da richiedere l’attiva partecipazione dei presenti per risolverla.
Si è rimorchiato questo camion ad un altro, dal rimorchio vuoto; siamo quindi saliti nel vuoto per fare peso e favorire l’opera. Il tutto in modo colorato, musicisti e giovani, meno giovani, tutti saltando nel camion per far peso, la macchina che sbuffa, odore tipico di plastica bruciata. Tutti gli attori uniti da un sorriso sincero per la gioia di condividere quel momento. Strette di mano e applausi a risultato raggiunto.Una scena assurda, forse per questo così meravigliosa. Scene da un altro mondo, un mondo che mi piace.
La notte è proseguita in spiaggia insieme agli artigiani e a Lisy. Chitarra, ron, fumo, luna e stelle. Musica cantata al lago sacro, dedicata a persone magiche. Dormo in spiaggia con Lisy, cullati dal suono delle onde, avvicinati a turno da galli e galline, cavalli bianchi, maiali e cani.
Che bell’intorno.
Il giorno successivo passiamo la giornata con i cantanti attraversando l’isola in un bus che alza una gran polvere affrontando la strada sterrata: dentro è festa, si suona la chitarra, si canta, si chiacchiera e ci si conosce. Chi ne ha bisogno si riprende dall’eccessiva bevuta della notte appena trascorsa, la maggioranza ridono felici. Mi bagno con due amiche nica che sfidano il mio autocontrollo bagnandosi come mamma le ha fatte, ma alla fine colgo l’innocenza di fondo. E’ semplicemente voglia di eliminare le barriere tra corpo e lago, per riprendersi la naturale umanità. Come dargli torto.
La fortuna ci permette di viaggiare gratuitamente fino a Managua, in un minibus organizzato per riportare a casa gli artisti, così il viaggio attraversa il centro di questo paese lindo, offrendo panorami sempre da brividi ed uno dei più bei tramonti che ricordi. C’è stato un momento nel bus in cui è calato il silenzio; alla nostra sinistra il sole scendeva sempre più arancione tra un’immensa valle di montagne e colline, verdi e già giallo paglierino per la siccità. Un panorama di valle di cui non si poteva immaginare la fine, ma che si finisce, nel Pacifico, qualche centinaio di chilometri più a ovest. Un panorama che secca la gola.

Giornate rigeneranti, sensazioni di purezza
del sentire Bene.


grazie Ometepe grazie volti grazie corpi grazie Nicaragua

Nessun commento: